Shopping nel paese di distopia

 

Analizzando l’opera più recente di James G. Ballard, Kingdom Come, vorrei soffermarmi sulla parodia che in essa si riscontra in merito al fenomeno del consumismo e della società dei consumi, messa in atto tramite l’evidenziazione del ruolo dell’immagine televisiva. Per fare ciò mi concentrerò sul progressivo dissolversi, in questo romanzo, del confine tra la dimensione del “reale” e quella dell’ “immaginario”, attraverso il potere manipolante della pubblicità ed in generale del mezzo televisivo, che costituisce un tema predominante lungo tutto il corso della produzione di Ballard, ma che in questa opera a mio avviso è funzionale alla trasmissione, da parte dell’autore, di un messaggio estremamente critico e allarmato sulla nostra società. Si vedrà in seguito come la graduale scomparsa del confine tra le due dimensioni ha come esito l’estetizzazione del mondo e della vita, considerata causa dello svuotamento dell’idea e dell’azione, che avrà come tragico esito una particolare forma di violenza anch’essa estetizzata all’estremo e posta in atto in una dimensione ontologicamente immaginaria.

Mi sono concentrata in particolare su questo aspetto dell’opera, in quanto il predominio della logica del consumo nel nostro tempo è sempre più cogente e costituisce una questione di fronte alla quale tutti indistintamente ci troviamo a dovere (consapevolmente o meno) assumere una posizione. Mi è sembrato quindi che Ballard in questa opera toccasse temi particolarmente attuali e importanti per l’intera collettività. In essa infatti l’intreccio si fa metafora per trattare della deriva della civiltà occidentale nel suo complesso, nella forma sospinta al suo eccesso.


Laura Raimondi nasce a Ferrara nel 1971, è laureata in filosofia e questa è la sua seconda tesi di laurea in lingue.

Vive e lavora a Bologna.

Il libro è edito da Lulu e lo potete vedere all'URL: http://www.lulu.com/content/704392